Consulenza Legale

Le leggi emanate dalle singole Regioni italiane hanno validità nazionale ed europea; oppure sono limitate al territorio della Regione stessa che le ha approvate?

 
Bisogna innanzitutto premettere che a livello nazionale la formazione professionale è regolamentata dalla Legge Quadro n.845/78, e l’esercizio dell’attività lavorativa subacquea nazionale dai Decreti ministeriali 13.01.1979 e 02.02.1982.
 
La citata normativa emanata a livello nazionale prevede che chiunque intenda esercitare la propria attività lavorativa nel settore subacqueo deve necessariamente essere in possesso della qualifica professionale rilasciata con apposito titolo.
 
NESSUNA legge regionale può prevalere sulla legge quadro e sui decreti ministeriali, in quanto nell’ordinamento giuridico Italiano esiste una rigida gerarchia delle fonti.
 
Possiamo affermare, senza timore di smentita, che LA LEGGE REGIONALE NON PUO’ PREVALERE SULLA LEGGE EMANATA A LIVELLO NAZIONALE e comunque avrà efficacia limitata ai confini della regione stessa che l’ha emanata.
 
Purtroppo, molto spesso erroneamente si pensa che una legge regionale emanata da Regioni a Statuto speciale (ovvero la Sicilia; la Sardegna; la Valle d’Aosta, il Friuli Venezia Giulia e il Trentino Alto Adige – in realtà costituita dalle province autonome di Trento e Bolzano) sia diversa, o magari superiore, alle leggi regionali emanate dalle Regioni a statuto ordinario.
 
La legge regionale, quale che sia la regione che l’abbia emanata rimane – a livello di efficacia territoriale – sottoposta alla gerarchia delle fonti, nella stessa misura delle leggi regionali emanate dalle regioni non a statuto speciale.
 
In Italia infatti le fonti del diritto non sono tutte di pari grado, ve ne sono alcune più importanti rispetto ad altre. Normalmente, per dare ordine alle fonti che coesistono e sono in vigore in uno Stato nello stesso momento, il criterio solitamente utilizzato è quello della gerarchia delle fonti. 
 
La fonte superiore prevale su quella inferiore e di conseguenza la fonte inferiore non può contraddire quelle superiori. In concreto questo significa che la fonte inferiore che abbia un contenuto contrario a quella superiore è da considerarsi invalida, perché affetta da un vizio e dovrà essere pertanto eliminata, abrogata dall’ordinamento o disapplicata.
 
Quindi,attenti a non cadere nelle molteplici truffe più o meno celate dietro pubblicità ingannevoli e fuorvianti di chiunque voglia far intendere che leggi regionali abbiano prevalenza sulle leggi nazionali sopra citate!

L’iscrizione in Capitaneria di porto,in ottemperanza del D.M.Marina Mercantile 13.01.1979,limita l’attività lavorativa dell’Operatore Tecnico Subacqueo,al solo ambito portuale (cioè all’interno dei porti)?

NO.

La materia del diritto internazionale marittimo è stata oggetto di diverse convenzioni, la più importante delle quali è indubbiamente la “Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare”, firmata a Montego Bay il 10.12.1982, ed entrata in vigore nel 1994, ratificata da più di 160 Stati (l’Italia l’ha ratificata e resa esecutiva con Legge n. 689 del 02.12.1994). Detta Convenzione di Montego Bay risulta essere ancora oggi il punto di riferimento del diritto internazionale marittimo, soprattutto per l’ampio consenso ricevuto in sede di ratifica.

Pertanto, dalla lettura dei testi normativi vigenti in materia (art.2 del D.M. Marina Mercantile del 13.01.1979, in GURI n.47 del 16.02.1979, nonché della succitata Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare e Ratificata dall’Italia con la Legge n.689/94) è da ritenersi che l’iscrizione in Capitaneria di Porto consenta il diritto all’ esercizio dell’attività lavorativa subacquea non solo nell’ambito del porto ma anche nelle sue ADIACENZE.

Occorre ora chiarire cosa debba intendersi per adiacenze:

La definizione ci viene offerta dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare,anche detta UNCLOS (United Nations Convention of the Law of the Sea),ove all’art.3 prescrive che l’ampiezza del mare territoriale non possa estendersi oltre le 12 maglia marine (equivalenti a circa 22 Km dalla costa senza tener conto,al momento, della zona contigua al mare territoriale disciplinata dall’art.33 della citata Convenzione).

Identiche considerazioni possono svolgersi circa le ACQUE INTERNE (laghi,fiumi,etc.),da considerarsi a tutti gli effetti acque nazionali su cui l’Italia esercita piena sovranità (inclusi suolo e sottosuolo marino) che disciplina attraverso proprie leggi.

Al fine di fugare ogni dubbio,attingendo da una fonte autorevole in materia,possiamo citare anche il chiarimento offerto dal Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto (MARICOGECAP),Reparto 2° – Ufficio I, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che,con propria nota n.0053557 dello 07.06.2011 (…): “Quanto all’ambito di operatività (dell’OTS) posto che per ADIACENZE è congruo ritenere che la normativa si riferisca all’intero ambito di giurisdizione dell’Ufficio Marittimo (ovvero le 12 miglia marine),comprensivo dell’ambito portuale di riferimento,è dell’avviso che l’iscrizione presso il Registro di una singola Capitaneria di porto non pone,comunque alcun sostanziale limite operativo (…).”

Il chiarimento fornito risulta essere particolarmente qualificato in quanto descritto dall’organismo preposto alla vigilanza su tutte le attività che si svolgono in mare e sulle pertinenze del mare,(e di conseguenza i lavori subacquei compresi) per l’espletamento di funzioni pubbliche statali che si svolgono negli spazi marittimi di interesse nazionale,che si estendono per circa 155.000 Kmq di acque marittime,interne e territoriali, che sono a tutti gli effetti parte del Territorio dello Stato italiano.